Elenco dei punti (indizi e prove)

Punto 1

Pubblico i cosiddetti “punti”, indizi e prove. Alcuni già di conoscenza pubblica, altri inediti. Personalmente li ritengo vincolanti del  caso Orlandi – Gregori ai fatti relativi alle pressioni operate nei confronti  di alcune entità  dello Stato Città del Vaticano, quali l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) e l’Istituto Opere di Religione (IOR). Ed inoltre vincolanti al tentativo di far ritrattare il signor Mehmet Alì Agca dalle gravi calunnie da lui prodotte nei confronti della delegazione della Repubblica Popolare Bulgara in Italia. Quanto mi accingo a pubblicare sia un monito a quanti volessero relegare  i fatti per cui è processo istruttorio ad un mero episodio di cronaca nera, con la sola responsabilità della mia persona ed altri non identificati sodali.

1)      La prima telefonata del cosiddetto “Mario”, verificatasi a pochi giorni dalla scomparsa della Orlandi, presso la famiglia della stessa, quando il fatto non aveva ancora acquistato rilevanza mediatica,  non è mai stata rivelata integralmente dagli inquirenti, e se ne conoscono pubblicamente solo alcuni passaggi. Nella lunga parte secretata si annuncia, sotto forma di codice e quindi di minaccia e monito a quanti avrebbero dovuto comprendere, gran parte di quanto si sarebbe verificato nei mesi seguenti. All’interno vi sono contenuti innumerevoli codici, tra i quali il quartiere di “Monteverde” e la cittadina di “Tor Vaianica”. La teste Sabrina Minardi nel 2008, dopo ben 25 anni, racconta agli inquirenti che la Orlandi ebbe come luoghi di permanenza proprio le suddette località. Non si può immaginare che la Minardi possa aver avuto accesso a tali verbali secretati . Né si può ritenere che tra tanti quartieri di Roma e tante località marittime possa essersi verificata una mera, fortuita coincidenza nell’essere citati da entrambi i personaggi, “Mario” e la Minardi. Tengo a ragguagliare che la scelta, all’epoca, di questi domicili, in Monteverde e Tor Vaianica, per farvi dimorare temporaneamente la ragazza, era dettata dalla necessità, nel caso gli inquirenti  fossero giunti in qualsiasi modo ad identificare parte delle nostre azioni, di depistare le indagini facendo rintracciare per l’appunto la Orlandi in alcune pertinenze della “malavita” romana. Ciò avrebbe persuaso gli investigatori a ritenere la stessa unica responsabile del sequestro. Sarebbe parso un  rapimento a scopo di estorsione tra i tanti che gli stessi elementi criminali avevano già compiuto nella città di Roma. Per questa loro limitata partecipazione logistica e di copertura avrebbero ottenuto principalmente come interscambio alcune entrature all’interno della Città del Vaticano per alcune loro esigenze di investimento finanziario. Preciso che mi limito ad indicare il quartiere di Monteverde come luogo reale della residenza della ragazza, ma non confermo l’indicazione della signora Minardi relativa all’ubicazione dell’appartamento ed ai suoi proprietari, questo in rapporto alla mia intenzione di non fare alcuna chiamata di correità. Tra i tanti domicili della malavita romana scegliemmo l’appartamento di Monteverde in quanto l’unico disponibile relativamente vicino alla residenza di Mons. Franco, ecclesiastico alle direttive del Card. Oddi presso la Congregazione per il Clero, e di Mons. Marcinkus, Presidente dell’Istituto Opere di Religione, ambedue residenti a Villa Stricht in via della Nocetta. Questa prossimità dell’appartamento con la predetta villa era da interpretarsi come un codice usato nelle trattative, l’alludere che i monsignori in questione potessero avere la disponibilità di tale appartamento e di essere a conoscenza della segregazione della Orlandi nello stesso. Inoltre fu scelto l’appartamento in Tor Vaianica, anche questo riconducibile a persona contigua a personaggi della malavita romana e per essere l’unico disponibile e non troppo distante dalla villa del giudice Santiapichi (che ritenevamo in predicato per essere il futuro presidente della Corte d’Assise giudicante la delegazione bulgara per il fatto del cosiddetto attentato al Papa) presso l’Infernetto, e nelle vicinanze della pineta laddove, presso la Villa di Plinio, la Orlandi fu condotta in un caravan per delle azioni di pressione nei confronti del suddetto giudice.  Ulteriore codice attribuito a questa cittadina marittima era nella chiamata dell’altro telefonista, detto “Pierluigi”, il quale fece presente di telefonare da un ristorante che, nelle nostre intenzioni comunicate a chi di dovere, era un noto locale frequentato da alcuni membri della stessa area di criminalità romana a cui noi ci riferivamo, che si trova ubicato nei pressi della principale chiesa di Tor Vaianica.

Il cosiddetto gruppo “Phoenix”, composto in realtà da alcuni membri del Servizio di Informazioni della Sicurezza Democratica (Sisde), redigendo uno dei loro comunicati scelse il luogo immaginario di un ristorante per minacciarci di morte. Il ristorante era certo in riferimento al ristorante citato da Pierluigi e conseguentemente il ristorante Pippo l’Abbruzzese di Tor Vaianica. Quindi per ben due volte queste persone del Phoenix – Sisde ci minacciano evocando due luoghi geograficamente contigui: il ristorante di Tor Vaianica e la pineta vicina alla villa del giudice Santiapichi. Sono li unici luoghi evocati da questa fantomatica organizzazione.

Per giungere da Tor Vaianica alla pineta è sufficiente percorrere la Litoranea e curvare poi per via del Lido in un tempo di percorrenza di 10 minuti. Altresì, dalle stesse strade, intraprendendo via di Pratica di Mare e poi via di Castel Romano, si giunge all’ex stabilimento De Laurentiis, laddove la Orlandi pernottò la sera del 20 dicembre 1983, in quanto era occorso il grave fatto del piccolo Garramòn nella pineta e sia il caravan che il domicilio di Tor Vaianica  potevano essere stati individuati dei membri della nostra parte avversa, che ritenevamo in quei momenti come possibili responsabili della presenza del giovane uruguayano in quella stessa località.

Quando pubblicherò i prossimi punti fornirò ulteriori motivazioni riguardo la scelta della zona  tra l’Infernetto e Tor Vaianica, quali per esempio l’esistenza della tenuta presidenziale di Castel Porziano adoperata per quanto concerne una simulazione nei confronti del signor Agca consistente nel fargli credere che fosse  in atto un’operazione nei confronti della Presidenza della Repubblica per sollecitare la stessa a concedergli la grazia.

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